Johann Sebastian Bach e George Frideric Handel. Dalla passione per la musica ad un destino comune: la cecità

Parlare di Johann Sebastian Bach (1685–1750) e George Frideric Handel (1685–1759) significa entrare nel tempio della musica. Considerati tra i più grandi musicisti mai esistiti, i due compositori hanno dato vita, con il loro talento, a brani unici e fortemente espressivi. Il primo, Bach, mistico e profondamente religioso, ricordato in particolare per l’opera per organo, Toccata e Fuga in re minore, la Passione di Matteo e Il clavicembalo ben temperato; l’altro, Handel, più esuberante e tendente alle novità,  tra le sue opere spiccano il Messiah e il celebre inno Zadok The Priest, suonato per la prima volta nel 1727 all’incoronazione di Giorgio II e ancora oggi ad ogni ascesa al trono di un nuovo sovrano britannico.

Due compositori universali, maestri indiscussi della musica classica, esponenti di spicco del Barocco musicale, ognuno con il proprio stile e obiettivo, ma con delle “vicende di vita” comuni. Sono nati lo stesso anno in due città abbastanza vicine nell’attuale Germania: Bach è nato a Eisenach, la capitale del ducato di Sassonia-Eisenach, mentre Handel a Halle, nel Ducato di Magdeburgo, allora parte del Brandeburgo-Prussia. Bach proveniva da una famiglia di musicisti e trascorse gran parte della sua vita svolgendo lavori di musica sacra in piccole città, prima di stabilirsi a Lipsia all’età di 38 anni, dove divenne cantore presso la chiesa di San Tommaso. Dopo la sua morte la sua fama ebbe inizialmente un declino, in quanto la sua musica fu da molti considerata fuori moda, che durò fino a quella che viene definita la “Bach Renaissance” , cioè la riscoperta, nel XIX secolo in tutta Europa, del compositore e della sua musica. Handel, al contrario, era un giovane prodigio. Si trasferì a Londra nel 1712, dove ebbe una carriera di grande successo e, soprattutto grazie al lavoro del Messiah, acquisì già in vita una significativa notorietà internazionale, tanto da ricevere un funerale di stato nell’Abbazia di Westminster.

Erano uomini corpulenti che amavano il cibo, l’alcol e il fumo, e indossavano enormi parrucche scomode quando posavano per i ritratti. Ebbero una vita lunga per gli standard dell’epoca; infatti, in un periodo in cui l’aspettativa di vita maschile in Germania era di circa 35 anni, Bach arrivò a 65 e Handel a 74.

Ebbero un destino comune: entrambi morirono ciechi.

Quale malattia oculare portò Johann Sebastian Bach alla cecità?

Fig. 1. Ritratto di Johann Sebastian Bach di Elias Gottlob Haussmann 1746. Old Town Hall, Museum of City History Leipzig.

L’unico problema fisico di Bach sembra essere stato la vista. I suoi occhi avevano “una vista naturalmente cattiva” (Sein von Natur blödes Gesicht), e “questa era ulteriormente indebolita dal molto studio, a volte anche tutta la notte, soprattutto durante la sua giovinezza“. La miopia è stata suggerita da diversi autori sulla base dell’apparizione di Bach nel dipinto di Haussmann (Fig. 1), che mostra “i solchi verticali che corrono verso l’alto dal ponte del naso così come gli occhi socchiusi, il risultato della miopia” (Peipert JF, Roberts CS. Wilhelm His, Sr.’s finding of Johann Sebastian Bach. Am J Cardiol. 57:1002, 1986).

È attorno all’età di 55 anni che i problemi alla vista divennero più seri. Qualche autore ha sostenuto che Bach avesse una forma di glaucoma (R. Ludewig. Johann Sebastian Bach im Spiegel der Medizin. Grimma, Germany: Edition Waechter-pappel; 2000); l’opinione più condivisa ritiene invece che proprio in quegli anni Bach stesse sviluppando la cataratta. Infatti, alla fine di marzo del 1750 il musicista si sottopose all’intervento di cataratta (Richard H. C. Zegers. The Eyes of Johann Sebastian Bach. Arch Ophthalmol, 123, 2005). L’operazione fu eseguita da John Taylor, chirurgo oculista britannico, presumibilmente ricorrendo alla tecnica del “couching”, molto in voga a quei tempi. Tale metodologia (di cui abbiamo parlato nell’articolo Dove, quando e con quale tecnica è iniziata la chirurgia della cataratta?”) prevedeva l’inserimento nell’occhio di un ago o di altro strumento affilato al fine di tagliare o scuotere la lente naturale (vale a dire il “cristallino”) – divenuta opaca a causa della cataratta – da un’estremità e spingerla sul fondo dell’orbita oculare. Tecnica che, come abbiamo avuto modo di evidenziare nel nostro citato articolo sul tema, comportava di frequente significativi effetti collaterali, tra cui la cecità completa. Le condizioni in cui all’epoca venivano praticati gli interventi non erano certamente delle migliori, anche per quanto riguarda le procedure di sterilizzazione degli strumenti e le tipologie di anestesia (basti pensare che i soli anestetici erano l’alcool e gli oppiacei e gli interventi erano eseguiti con i pazienti seduti su una sedia, tenacemente immobilizzati da un assistente (Fig. 2).

Fig. 2. Surgery in the 18th century: eye operation. Instruments for cataract operation and artificial pupil formation. Engraving in “Institutionis chirurgicae” by Lorenzo Heister. (Chirurgie im 18. Jahrhundert: Augenoperationen. Instrumente zur Katarakt-Operation und künstlichen Pupillenbildung. Kupferstich in "Institutionis chirurgicae" von Lorenzo Heister).

In tale contesto, le aspettative in merito alla buona riuscita dell’intervento erano poche, ma allo stesso tempo mettendosi nelle mani di un chirurgo oculista lo stesso Bach sperava in una chance di miglioramento della propria vista. Purtroppo, per il musicista non ci fu un lieto fine. Dopo le due operazioni, la prima ebbe luogo tra il 28 e il 31 marzo 1750, e la seconda fu eseguita tra il 5 e il 7 aprile, Bach perse la vista e morì solo 4 mesi più tardi. Non si dispone di elementi documentali che consentano di stabilire con certezza quale fu la causa della morte del compositore – tante sono state le ipotesi formulate nei secoli! – ma, al di là della prova, è difficile escludere la responsabilità di Taylor e delle (scarse) procedure dallo stesso messe in atto, che molto probabilmente determinarono un’infiammazione e/o l’aumento secondario della pressione.

Seppure in generale tutti i medici praticavano le medesime tecniche di intervento, dalle fonti a nostra disposizione risulta però che le condotte di Taylor, in specie la sua prassi di operare sempre l’occhio destro, la modalità di applicazione dei bendaggi e la tendenza ad operare senza anestesia, furono oggetto di critica già da parte di altri chirurghi del tempo; critiche a cui Taylor si dimostrava indifferente, considerando peraltro che di norma il paziente rimuoveva il bendaggio solo 5-6 giorni dopo l’intervento e quindi quando il chirurgo era già partito per un’altra destinazione (B. Lenth. Bach and the English oculist. Music Lett. 19:182-198, 1938). Taylor, infatti, non svolgeva la propria professione in modo itinerante spostandosi di città in città, dileguandosi così prima che gli effetti nefasti della sua attività rudimentale si svelassero al paziente.

Quale malattia portò George Frideric Handel alla cecità?

Fig. 3. Ritratto di e George Frideric Handel di Balthasar Denner. National Portrait Gallery, London.

Anche se l’epilogo fu il medesimo, la storia clinica di Handel (Fig. 3) ebbe un’evoluzione diversa da quella di Bach. L’artista nel 1737 iniziò ad essere colpito da paralisi neurologiche che si ripeterono nel 1742, 1743 e 1753 (M. Miranda. The neurological disorder of Georg Friedrich Händel. Rev Med Chil, 135: 399–402, 2007).

Come conseguenza di questi eventi risultarono compromesse i movimenti della mano e del braccio destro. Viene descritto anche una distorsione dell’angolo della bocca e disturbi nel parlare. Alcuni autori hanno cercato di addebitare la causa del susseguirsi di queste paralisi ad anomalie cerebrovascolari. Qualcuno ricondusse l’origine di tali eventi neurologici alla malattia reumatica, la sifilide, a intossicazione da piombo (Evers S. Georg Friedrich Händels Augen-krankheit. Klin Monatsbl Augenheilkd, 203: 223–228. 1993).

Nel mese di febbraio di quell’anno fu costretto a sospendere la composizione dell’oratorio Jephtha, annotando sulla partitura di essere incapace di proseguire a causa dell’«indebolimento» della vista all’occhio sinistro (Fig. 4).

Fig. 4. Overture dell’oratorio Jephtha. George Frideric Handel.

Handel riuscì comunque a riprendere l’attività e a completare il Jephtha, ma, con la vista ormai quasi completamente perduta all’occhio sinistro e gravemente declinante a quello destro, decise di rivolgersi al dott. William Bromfield, allora chirurgo della Principessa Vedova del Galles, che lo sottopose ad un primo intervento chirurgico di “couching” nel novembre del 1752, che non migliorò di molto la situazione  (anche se in quel tempo egli fu comunque in grado di scrive, dirigere e suonare l’organo e, per quanto non compose nuove opere, fu in grado di rivedere alcuni vecchi lavori). Vista però la persistenza dei problemi alla vista, decise di farsi operare (probabilmente di cataratta) da John Taylor, lo stesso chirurgo che operò Johann Sebastian Bach. Anche in questo caso i risultati non furono quelli attesi (Robert M. Feibel. The Eyes of Handel. Arch Ophthalmol,  124, 2006); infatti, non solo Handel non recupererò la vista ma la perse del tutto.

Recenti analisi retrospettive propongono che la cecità di Handel fosse il risultato di una malattia cerebrovascolare causata da neuropatia ottica ischemica o malattia vascolare retinica (DL. George Blanchard. Handel and his blindness. Doc Ophthalmol. 99:247-258, 1999). Questo potrebbe spiegare il fallimento delle operazioni di cataratta, anche se le modalità di Taylor non sono certo esenti da criticità, così come le sue infondate promesse di guarigione, tant’è che il medico inglese – dalla fama ormai pregiudicata – fu oggetto di satira in alcune pubblicazioni teatrali e letterali

Conclusioni

È certamente curioso che due grandi della storia della musica come Johann Sebastian Bach e George Frideric Handel siano accomunati dal crudele destino di terminare la loro esistenza divenendo ciechi. Probabilmente quanto accaduto ai due illustri compositori rappresentava un fenomeno molto più diffuso di quanto si possa pensare.

Occorre considerare che nel XV e XVI secolo l’età media oscillava tra i 35 e i 45 anni (di cui gli ultimi 5 anni di vita coincidenti con il periodo della vecchiaia) e che di norma l’insorgenza della cataratta avviene tra la V e VI decade di vita; pertanto, l’età avanzata raggiunta dai due musicisti ha giocato un ruolo sfavorevole. Infatti, vista l’età all’epoca particolarmente avanzata, entrambi svilupparono la cataratta che li costrinse a ricorrere all’intervento chirurgico che, come abbiamo visto,  considerata la tecnica chirurgica inadeguata, era un vero e proprio salto nel buio.

Sebbene l’intervento di cataratta determinò il passaggio finale verso la cecità e per quanto la raccolta dei dati anamnestici sia scarsa si può desumere che il tipo di cecità derivi però da cause diverse per i due artisti. Probabilmente Bach divenne cieco per le complicanze secondarie all’intervento di cataratta, mentre Handel fu colpito da ripetuti eventi ischemici cerebrali che compromisero la vista attraverso la perdita del campo visivo. Per Bach la cecità anticipò di poco la sua morte. Per Hendel la perdita della visione fu progressiva e consenti all’artista di continuare la sua notevole produzione artistica.

Per entrambi il peggioramento della vista rappresentò naturalmente una insidiosa difficoltà da gestire nella loro produzione artistica, impattando sul morale dei musicisti, ma la forza della musica era così impetuosa che anche nel buio della cecità continuarono a comporre.

Come un cieco avverte il sole senza vederlo, così l’anima Dio.

(Hans Urs von Balthasar)

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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