Dove, quando e con quale tecnica è iniziata la chirurgia della cataratta?

Premessa

La cataratta rappresenta un disturbo ampiamente diffuso, che si presenta prevalentemente dopo i 60 anni, ma che può colpire anche in età più giovane per traumi, cause congenite o ambientali, come ad esempio il diabete, l’obesità, l’abuso di alcol, l’uso prolungato di alcuni farmaci (come cortisone o farmaci chemioterapici) o l’esposizione prolungata a raggi ultravioletti, raggi X e infrarossi.

Con il termine cataratta si descrive l’opacizzazione della “lente” naturale dell’occhio, il cristallino oculare, che può causare una visione offuscata, aumentare l’abbagliamento delle luci e rendere difficoltosa la lettura poiché limita la capacità di distinguere i contrasti. In pratica, è come guardare attraverso un vetro sporco.

Quando questi sintomi diventano significativi, limitando eccessivamente la capacità e la limpidezza visiva del soggetto affetto, vi è la necessità di ricorrere all’intervento chirurgico.  La tecnica chirurgica utilizzata nel mondo moderno prende il nome di facoemulsificazione, che consiste nella “frantumazione” tramite una sonda ad ultrasuoni del cristallino opaco e il conseguente inserimento di una (IOL) lente intraoculare (Fig. 1).

Fig. 1. Disegno illustrante la tecnica in uso ai giorni nostri denominata facoemulsificazione (a) con contemporaneo inserimento del cristallino artificiale (b).

Tale intervento rientra tra le procedure chirurgiche più eseguite al mondo: i dati epidemiologici parlano addirittura di centinaia di migliaia d’interventi eseguiti ogni giorno (M. Shajari, S Priglinger, S. Kohnen. et al. Cataract and Lens Surgery.  Epidemiology. Springer, Cham 2023).

La tecnica attualmente in uso ha notevoli vantaggi rispetto a quelle del passato consentendo una maggiore sicurezza, tempi più rapidi di guarigione ed un ottimo recupero funzionale.

Naturalmente, la strada per affinare la tecnica chirurgica della cataratta è stata molto lunga. E’ infatti considerata una tra le più antiche pratiche chirurgiche della storia e della quale si trova traccia persino nel Codice di Hammurabi (Geller MJ. Ancient Babylonian Medicine: Theory and Practice. Oxford: Wiley-Blackwell, 58-184, 2010).

Anche se l’oculista e storico oftalmico Julius Hirschberg (1843 -1925) ha scritto, ai suoi tempi, che risultava impossibile individuare con certezza dove e quando sono stati eseguiti i primi tentativi chirurgici della cataratta (Hirschberg J, Blodi FC (trans.). The History of Ophthalmology. Vol. 1. Antiquity. Bonn: Wayenborgh Verlag, 1982:34-349), esiste, tuttavia, una discreta documentazione scientifica che ci può aiutare sia nell’identificare con buona approssimazione la tecnica chirurgica, sia le regioni del mondo antico dove sono stati eseguiti i primi interventi (C. T. Leffler, A. Klebanov, W. A. Samara et al. The history of cataract surgery: from couching to phacoemulsification. Ann Transl Med; 8(22):1551, 2020).

Origini dell’intervento di cataratta: dove e come

L’analisi di documenti antichi tra il 600 e l’800 a.C. rivela somiglianze sorprendenti e peculiari tra le descrizioni dei primi atti chirurgici per la cura della cataratta in Oriente e Occidente. Prove consistenti di interventi chirurgici della cataratta riguardano le zone estese lungo i fiumi Indo e Nilo. Vi sono poi evidenze circa l’esecuzione d’interventi simili anche nell’antica Cina (Chi-Chao Chan, M.D. Couching for Cataracts in China. Surv Ophthalmol. 2010 July 8; 55(4): 393–398); tuttavia, non è chiaro quale regione abbia per prima praticato tale intervento.

Secondo la tradizione indiana l’oftalmologia è stata inventata in India. Nell’600 a.C., il medico indiano Maharshi Sushruta descrive in modo dettagliato una procedura (oggi chiamata “couching”) in cui, mediante l’uso di un ago, il cristallino reso opaco dalla cataratta veniva lussato e fatto cadere sul fondo dell’occhio (Bhishagratna KK. An English Translation of Sushruta Samhita Based on Original Sanskrit Text 1907, 3rd ed, Vol. 3. 206—10, 2005), più precisamente nella parte posteriore chiamata cavità vitrea (Fig. 2a-2b). Nel migliore dei casi il paziente recuperava marginalmente la vista, ma – anche in ragione degli scarsi livelli di igiene e dell’uso di strumentazioni poco “raffinate” – erano frequentissimi i pesanti effetti collaterali, fino alla cecità.

Fig. 2a. Disegni illustranti la tecnica “couching”. Questa consiste nell’introduzione dello strumento chirurgico e lussare il cristallino nella camera vitrea.
Fig.2b. In termini più semplici far cadere il cristallino opaco all’interno dell’occhio e permettere alla luce di raggiungere la retina.

Come in India, anche nell’antico Egitto sembrerebbe che la chirurgia della cataratta fosse conosciuta (Fig,3); è probabile che la tecnica praticata fosse simile a quella applicata in India. D’altronde, durante e dopo il regno di Alessandro Magno i viaggi commerciali tra il Mediterraneo e l’India erano diventati assai frequenti con conseguenti commistioni di pensieri e “abitudini”; pertanto, è del tutto plausibile che la chirurgia della cataratta possa essersi diffusa da Taxila (Pakistan), centro di studio Buddista nei tempi antichi, ad Alessandria, sede d’incontro di diversi medici e filosofi greci.

Fig. 3. Un dipinto murale nella tomba del capomastro Ipwy aTebe (1200 a.C. circa) raffigurante un oculista che cura l'occhio di un operaio (copia moderna del dipinto all'ingresso della Banca della Cornea presso l’Ospedale Universitario di Ain Sham, Il Cairo, Egitto).

La cataratta come una lenticchia

In effetti tale “comunanza” si riscontra anche nella descrizione del cristallino da parte degli studiosi di quelle terre. In particolare, negli scritti di Rufus di Efeso (80-150 d.C.) il cristallino catarattoso è stato paragonato a una lenticchia (Robinson ML, Lovicu FJ. The lens: historical and comparative perspectives. In: Robinson ML, Lovicu FJ (eds.). Development of the Ocular Lens. Cambridge University Press, 2004:5-273); allo stesso tempo, Abu Ali al-Husain Ibn Sina (980 circa–1037 d.C.), noto in seguito come Avicenna, fece lo stesso paragone (Abu Ali al-Husayn ibn Abd Allah ibn Sina (Avicenna), Sardo PA (trans.). Bakhtiar L (ed.). The Canon of Medicine (al-Qanun fi’l-tibb) (The Law of Natural Healing). Volume 3. Special Pathologies. Chicago: Kazi Publications, 2014:207-74). Tale idea deve essere probabilmente il risultato della dissezione dell’occhio per esaminare la forma del cristallino catarattoso. Le lenticchie (originarie dell’area Turchia-Iraq-Siria, sono state coltivate per lungo tempo sia lungo il Mediterraneo che in India), infatti, si caratterizzano per il colore marrone scuro o nero e la forma è molto simile a quella di una cataratta quando raggiunge uno stadio molto avanzato (Fig. 4a-4b). 

Fig. 4a. Cataratta “nigra” definita cosi per il colore che assume il cristallino quando il processo catarattoso raggiunge un grado estremo. (Veronika Matello. Eye Care Clinic. Brescia).
Fig. 4b. Le lenticchie nere di Enna che mostrano una straordinaria somiglianza con la cataratta avanzata della figura 4a.

La chirurgia della cataratta e il grande Avicenna

Anche i medici dell’antica Persia giocarono un ruolo importante nello sviluppo della medicina in epoca medievale. Come già accennato, una delle figure più influenti di quest’epoca fu Abu Ali Sina o Ibn Sina, noto come Avicenna nel mondo occidentale. Autore di oltre 200 libri di medicina e filosofia, Avicenna seguì e approfondì ulteriormente la tradizione della filosofia e della medicina occidentale introdotta da Aristotele, Ippocrate e Galeno. Egli riportò le sue conoscenze mediche nel celebre testo il Canone della Medicina (Fig. 5). È proprio in questa opera dove si possono apprezzare i contributi di Avicenna sulla diagnosi e il trattamento della cataratta. Per quanto concerne la tecnica ritroviamo descritte le procedure molto simili a quelle già riportate dalla scuola indiana, egizia e greca. Nel testo leggiamo “Il chirurgo dovrebbe inserire lo strumento chirurgico (meghdaha) dal limbus nella camera anteriore e procedere verso la pupilla. Dovrebbe quindi mobilizzare le opacità visibili con la punta dello strumento chirurgico e spingere loro all’angolo inferiore della camera anteriore fino a quando la visione del paziente diventa chiara” (M Nejabat, B Maleki, M Nimrouzi, A Mahbodi, A Salehi. Avicenna and Cataracts: A New Analysis of Contributions to Diagnosis and Treatment from the Canon. Iran Red Crescent Med J 2012; 14(5):265-270).

Fig. 5. Illustrazione tratta dal Canone della Medicina dove Avicenna descrive l’anatomia dell’occhio. A, Congiuntiva; B, Nervo Ottico; C, L’umore acqueo nella camera anteriore; D, L’umore acqueo nella camera posteriore; E, Il vitreo.

È evidente che il ricorso alla tecnica in parola, oggi definita “couching” (far cadere il cristallino all’interno dell’occhio) faccia parte delle pagine della storia della medicina. Tale procedura è stata infatti quella dominante per la chirurgia della cataratta per molti secoli.

Per la prima rimozione del cristallino occorre attendere il 1747 quando il medico francese Jacques Daviel eseguì una incisione precisa e praticò l’asportazione del cristallino (C. T. Leffler, B. F. Hogewind, G. Schwartz & A. Grzybowski. Jacques Daviel performed the first documented planned primary cataract extraction on Sep. 18, 1750; Eye 2023) solo nel 1967, grazie all’Oculista americano Charles Kelman, arrivano gli ultrasuoni (“facoemulsificazione”) e poco dopo il passo successivo: la sostituzione del cristallino con una lente artificiale, ideata dallo stesso Kelman (Charles Kelman: Phacoemulsification and Small Incision Cataract Surgery. Foundations of Ophthalmology, 199–207, Springer, 2017).

Tuttavia, è interessante notare come la procedura di “couching” venga ancora praticata in alcune aree rurali e remote dell’Africa sub-sahariana, ma anche in Sudan, Marocco, India, Nepal, Cina e Yemen (Ahmed Siddig, Mohamed and Ali Mohamed Ali, Nadir. “Complications of Couching and Visual Outcome After IOL Implantation – a study of 60 patients in Sudan.” Sudanese Journal of Opthamology, 1.1: 33-36, 2009); in sostanza, in quelle zone in cui risulta impossibile accedere a centri medici specializzati e sono ancora molto radicate le credenze popolari verso  i “maghi guaritori” o forme di “delirante” devozione verso le divinità.

Conclusioni

Il progresso tecnologico e il costante sviluppo e aggiornamento delle capacità e attitudini professionali degli operatori rendono la medicina una scienza in continua evoluzione. L’intervento della cataratta ne è un esempio se solo si pensa ai “passi da gigante” fatti nella tecnica chirurgica. Il progresso inizialmente è stato lento, ma le scoperte – come sappiano tutti – non si improvvisano, soprattutto in un settore delicato come quello sanitario. In medicina l’intuizione si accompagna allo studio e all’approfondimento scientifico, occorre formulare ipotesi e verificarle avendo come obiettivo la cura della persona e della sua dignità.

In tale prospettiva, non possiamo sottovalutare il risultato raggiunto anche con la lunga evoluzione delle modalità di gestione della cataratta: siamo passati da una tecnica invasiva e stressante per il paziente e peraltro spesso comportante risultati non soddisfacenti (se non addirittura pregiudizievoli) ad una terapia chirurgica molto raffinata e indolore, caratterizzata dall’uso di strumenti micro-invasivi e di estrema precisione, dall’abbandono dell’anestesia generale per quella locale, e da risultanti perlopiù ottimali.

Quello che prima era un lungo e “rischioso” intervento attualmente viene svolto in pochi minuti, trattandosi di un’attività in un certo senso routinaria, con una significativa riduzione dei tempi di ripresa e guarigione. Ciò che oggi per noi è normale e ordinario, è in realtà il frutto di una radicale rivoluzione che ha accumunato esperienze e confronti tra le scuole chirurgiche di paesi e culture diverse.

“La Storia della Medicina, delle sue ricerche scientifiche, della lotta continua contro tutti i mali che minacciano l’umanità ha sempre generato un’intesa profonda fra gli uomini di tutte le nazioni. Una testimonianza che la Medicina sarà sempre parte essenziale delle moderne civiltà”

(Prof. Arturo Castiglioni, Storia della Medicina, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1948)

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154